Bachis Sulis

 

 
     

Poeta vernacolo,

la cui vigliaccheria assassina
tolse barbaramente
alla florida età di 43 anni
all'ammirazione dei suoi compaesani

Bachis Sulis, nasce ad Aritzo il 14 gennaio 1795 dai coniugi Salvatore Sulis, ricco proprietario aritzese e da Emanuela Aru di Gadoni anch'essa proveniente da una famiglia benestante. Venne Battezzato dal Reggimento Giacomo Schivo e da Donna Maria Agostina Ghiani di Aritzo il cui sacerdote celebrante, Cosimo Piras vice rettore gli impose i nomi di Bachisio, Maria, Raffaele, Agostino.

La sua famiglia, tenuta in onorevole considerazione da tutta la popolazione, anche perchè benestante, non ebbe problemi, vedendo Bachisio orientato agli studi, di mandarlo a studiare a Cagliari, nelle scuole di Calasanzio compiendone ottimi risultati. Ben presto pero, il poeta fu richiamato in patria per rendersi utile alla società ma soprattutto alla famiglia. Infatti, venuta a mancare la madre, necessitava la sua presenza, più che per la sorella, ancora in tenera ed inesperta età, per il fratello, che, il solo ad occuparsi della gestione patrimoniale della famiglia, necessitava di aiuto.

Bachis, di corporatura snella e flessibile, vestiva signorilmente, e usava come copricapo una berretta frigia alla sarda. Regolatissimo nel vivere, temperante e quasi astemio, allegro e quasi sempre sommariamente socievole, il Sulis decide di assecondare la sua inclinazione per lo studio e l'amore per i fanciulli aprendo per tre anni la scuola elementare di Aritzo per salvare quei bimbi dalla strada e da quello stato di perfetta ignoranza in cui si trovavano. Coltivando contemporaneamente la sua passione per la poesia, riguardanti la vita degli aritzesi, usi e costumi, la povertà e la sofferenza dei poveri che dovevano sottostare ai benestanti e alle leggi ingiuste di quel periodo, egli, iniziò a raccogliere in poesie tutte le cronache che ogni giorno, nascosto fra le siepi e lungo i sentieri che conducevano alla pubblica fonte, ascoltava di nascosto. Non neghiamo il fatto che ben presto, le sue poesie iniziarono ad infastidire il clero e soprattutto i benestanti che, sebbene anche lui lo fosse, tendeva sempre ad essere d'appoggio alla classe proletaria.

Il destino volle che durante una notte di primavere accompagnato dal suo amico Antonio Giuseppe Giua e dalla signora Francesca Balistreri, venne esploso un colpo d'archibugio contro la finestra di un potente e rispettato signore, Antonio Basilio Caocci, proprio colui che, non concordando a pieno il modello di vita del poeta, ebbe un piccolo scontro conclusosi con qualche ceffone.
Sta di fatto, che di quell'omicidio, venne accusato ingiustamente Bachis Sulis perchè visto gironzolare per le vie del paese. Dandosi alla latitanza, Bachis riesce per ben 12 anni dal 1818 al 1830 a nascondersi ed è, proprio tra queste solitarie montagne e foreste che entra in contatto con le formidabili bande dei banditi capitanate dal famigerato Giuseppe Manca Ballellu che terrorizzando le regioni montane, dominavano e si imponevano alle popolazioni.

Tra i banditi, vigeva in quel tempo, la regola che ogni bandito dovesse avere coscienza ed umanità verso i loro fratelli qualunque fossero le imputazioni che su ciascuno pesavano, fu per questo, che spesse volte il Sulis ebbe numerosi incontri con il Ballellu che, gli chiedeva consiglio sul modo di poter liquidare i loro conti essendo il Bachis un uomo di studi. Malgrado i prudenti consigli, raccomandandogli prudenza per non lasciasi cogliere all'improvviso, il Sulis assiste non

direttamente alla cattura del Bellellu e dei suoi compagni proprio per la troppa fiducia che egli concesse a quelle persone che gli stavano accanto ed è per questo che il Bachis, ci lascia oggi, una poesia sulla storia di questi banditi che nell'ottocento popolavano le nostre campagne.
Così, dopo 12 anni di miseranda vita, trascorsa a vagabondare e miseramente nutrito, gli fu concessa nuovamente l'assoluta libertà grazie soprattutto ai fratelli che consegnarono nelle mani della giustizia due banditi desulesi. Bachis, ora, pur essendo libero dalla giustizia, fu consigliato ugualmente dai parenti di fare prudenza e di iniziare ad abbandonare i suoi soliti svaghi, cercando di condurre una vita sociale solo alla luce del giorno perché la vendetta, sarebbe rimasta sempre in agguato. Nonostante gli ottimi consigli, ai quali il Bachis diede relativamente

ascolto, egli, venne freddato per vendetta la notte del 13 Maggio 1838 con un colpo di fucile nel cortile della Casa Devilla.
Oggi le poesie del Sulis si può affermare siano soli pochi capolavori paragonati alla miriade di poesie che egli scrisse e che purtroppo andarono perse a causa dell'ignoranza. La sorella Anna Vincenza Sulis, infatti, si lasciò subdolamente circuire ed intimidire dai preti, i quali, criticati nelle poesie per i loro rilassati costumi, portarono a far pensare alla sorella che se non avesse bruciato l'intera raccolta

delle poesie autografate e datate, la sua vita sarebbe stata terribilmente minacciata dalla Santa Chiesa. Anna Vincenza, purtroppo analfabeta perché, a quel tempo i governi non provvedevano all'istruzione femminile diede in fiamme quella ricchezza che avrebbe meglio e pienamente chiarito le varie fasi della sua vita ma soprattutto avrebbe messo in luce lo stato morale e sociale di Aritzo e dei suoi tempi.
   

MALOCCU, TRAITORE, IT'HAS FATTU

Durante i 12 anni di banditismo, Bachis Sulis, non mancò di essere da consiglio, anche a quel gruppo di banditi che, capitanati da Giuseppe Manca Bellu, dominavano con terrore tutte le regioni montane imponendosi alla popolazione. Tra i due, comunque, non mancarono mai le raccomandazioni alla prudenza ma soprattutto che, sia vere o false fossero state le imputazioni che pesavano su ciascuno, era importante avere coscienza ed umanità verso i propri fratelli.

Maloccu, traitore, it' has fattu
A isfamare sa idda de Fonne?!
S'ora puru hat a benne pro disponne
A chie ti d^et torrare su piattu: maloccu, traitore, it'has fattu!

E' così che, il Sulis ci tramanda oggi una delle sue poesie più belle raccontandoci proprio come la banda, per la troppa fiducia accordata ad un loro fratello, finì nelle mani della giustizia senza spargimento di sangue e senza nessuna resistenza.
Un noto Maloccu, bandito Fonnese della specie peggiore per avere la coscienza carica dei più orrendi delitti, non tardò, come sempre avviene tra le bestie della stessa specie, a stringersi in relazione fino a diventare l'amico più intimo del Bellellu.
Il gruppo di banditi, anche perchè numerosi, riuscivano senza molti problemi a tenere sotto controllo la giustizia e riuscire così a penetrare dentro il paese per far visita alle rispettive famiglie. Fu proprio durante una di queste sere che, Bellellu, si recò presso la sua famiglia accompagnato da Maloccu, il quale, alla vista della bella figliuola, concepì il suo più crudele piano per tradire i suoi amici ma soprattutto per rendersi libero da ogni accusa consegnandoli nelle mani della giustizia, ottenendone così la remissione di tutti i delitti da lui commessi.
Concepito il disegno, ordì il modo di tradurlo in fatto così, un bel giorno, trovandosi nelle foreste di Aritzo, il Maloccu, chiamando in disparte il Bellellu, gli confessò di essersi innamorato della sua figliola e quindi di concedergli la sua mano. Bellellu, credendo nella più sincera amicizia dell'amico, lo abbracciò con effusione felice della proposta ma, perchè tutto venisse festeggiato e portato alla conoscenza di tutti, si diedero come tempo massimo otto giorni per poter organizzare i festeggiamenti.
Nel frattempo, Maloccu, avvertita la giustizia sul luogo dei festeggiamenti, rimasero d'accordo che i cavalleggeri, armati di tutto punto e provvisti di buone corde, si nascondessero a breve distanza del luogo dell' incontro e che al primo segnale del bandito essi sarebbero dovuti uscire allo scoperto per catturare gli uomini.
Le cose, furono così ben condotte e prestabilite che avvennero perfettamente come si previdero, l'allegro umore della festa, accompagnato da cibo e vino, rese tutti più felici e spensierati, così tanto da non accorgersi che quel vino, così potente, fosse stato allungato con una generosa dose di oppio. Quel vino infatti, dopo non molto tempo, annebbiò ed appesantì la testa di tutti i presenti che caduti addormentati come tanti cadaveri in un campo di battaglia, non si accorsero neanche di quelle armi che il Maloccu gli sottraeva e quel fischio che avvisava i soldati. Da questo momento in poi, assistiamo alla pesante sentenza che venne inflitta soprattutto al Belellu, che venne condotto alla forca, mentre, per gli altri, la condanna fu del carcere a vita.
La società, venne finalmente liberata dalla temuta e feroce banda dei briganti, rei di ogni sorta di delitto, si pensi infatti che il solo Bellellu, dichiarò in punto di morte 11 omicidi senza contare gli altri reati minori. Sotto questo riguardo, fu un gran bene la loro cattura, ma non perciò l'azione di Maloccu rimarrà meno macchiata di infamia. Il nostro poeta, infatti, lo marchiò a ferro con una poesia che a quei tempi diventò la canzone più cantata e più popolare tra i compaesani.

Pianghide a Giuseppe e a Mundera,
a Floris, a Billeri e Aleottu,
ca los hat tentos s'amigu connottu
cun falsidade, de ite manera.
Infame, traitore, considera
Su ch'has fattu si det tenn'a nottu; ma no cretas chi sun mortos totu
sos Aritzesos pro su chi has fattu.

Maloccu…

 

O Aritzo pienu de bundade,
chi arrizis tantos colpos fitianu!
Su chi giughias in piantas de manu
T'hat leadu sa vida e libertade!
Su chi servias cun fedelidade
T'est istadu crudele, inumanu:
ca cussu non devet essere cristianu,
a si bender sos frades a cuntrattu.

Comu has ispartu sos fumos e famas,
però sunt famas de zente avvilida,
comente tenes vile sa naschida,
faghes vilesas e vile ti giamas;
orrobadore de domos e ciamas,
cust'est s'onore chi tenes in vida!
Però des tenner sa bona finida
De sos amigos chi sighint in fattu.

Maloccu…

     

Maloccu , traitore, it'has fattu
A isfamare sa idda de Fonne!?

     

O Fonne, tanto ricca e generosa
Cun sos connotos e cun passizeris,
ses piena de illustres cavalleris,
de segnores e zente virtuosa;
a cosa ses torrada, como, a cosa,
a fagher sos amigos presoneris!
Besside dae Fonne , furisteris,
ca bos dan cara e bos bòcchin ‘in s'attu!

Maloccu…

O ses babbu, o ses frade, o ses fradile
De su Giudas chi hat tentu su Maistu:
a sos amigos che a Gesù Cristu
los has traittos cust'omine vile;
in Fonne no bind'hat pius simile
ch'hapat sas artes de custu traspistu,
mai no sind'hat connote nè bistu
uguale, tiranu e tantu ingrate.

Maloccu…

A si bender sos frades e connotos
Devet esser crudele che moro!
A chie giughet fingidu su coro
Causat in sos logos avvolotos;
totu unidos l'hant dadu sos votos,
pro andare a brogare su Tesoro:
inie si hant divisu prata e oro
sos tristos chi no tenent riscattu.

Maloccu…

Sos sonos de campanas e trumbittas
A nessunu non donant allegria:
totu sunt cosas de sa giustissima,
chi bandant ordinadas e iscrittas.
Sos ministros e paras Gesuitas
Non de mancare in custa compagnia,
pro li fagher in s'ultima anonia
a su sentenziadu s'apparatu.

Maloccu…

 

Piangant sas muzerescun sos fizzos,
sos amigos, sos frades, sos parentes,
ca sos bonos hant a morre(r) pazientes,
si non d'han piedade sos consizos.
Deus los privet de tales fastizos,
E los privet de tales fastizos,
E los cherzant sos giuighes presentes, Ca tantu e tantu cuddos ausentes, Moetos, a nde torrare mancu a trattu.

Maloccu…

In custas penas passando unu reu,
cun ateras chi lasso de iscrive (r),
però chi morzat un'anima asie
non lu permittat Maria, né Deu,
nè tantu mancu paesanu meu,
mancu connotu nde che ria bie(r);
de sas calamidades de sa die nessunu non de datunu retrattu.

Maloccu…