Si dice che la storia di un popolo comincia quando l'uomo, con la scrittura, ci ha tramandato direttamente le sue vicende. Il lungo periodo che precede il primo documento scritto è considerato "preistoria".
Della preistoria, le fonti e i ritrovamenti ci tramandano che gli uomini, vivendo in comunità nomadi, praticavano la raccolta di frutti spontanei, la caccia e la pesca e, come abitazioni utilizzavano le grotte e i ripari sottoroccia. Essi impararono a lavorare la

   
 

pietra e altri materiali che trasformavano in utensìli e in oggetti di culto e numerosi, sono i dipinti parietali che raffigurano animali e uomini in modo naturalistico.
Alla luce delle scoperte fatte esaminando i reperti ritrovati dagli studiosi, prima del 1979, si pensava e si attribuva la presenza dell'uomo in Sardegna a partire dal Neolitico. Dopo tale data, accurate ricerche hanno portato alla luce, lungo il corso del rio Altana presso Perfugas (Sassari), numerosi oggetti litici prodotti dall'uomo, circa 600, risalenti al paleolitico inferiore . Altri reperti che testimoniano la presenza umana, sono quelli ritrovati nella Grotta di Corbeddu (Oliena), datati 13.590 più o meno 140 anni da noi.
L'età Neolitica, giunge in Sardegna dal mare, arrivarono presto altre popolazioni Neolitiche provenienti da varie zone del Mediterraneo e furono attirate soprattutto dall'ossidiana e dalla selce che divennero presto, oggetto di un grande commercio.
Le popolazioni neolitiche entrarono, quasi sicuramente in contatto con altre popolazioni già residenti e di diversa provenienza. Possedevano archi e frecce che utilizzavano per la loro principale attività, quale la caccia, ed erano in grado di produrre una discreta strumentazione in selce e in ossidiana.
Dal 4.000 a.C., con il diffondersi della cultura di "Bonuighinu", questi popoli, di corporatura molto robusta e di media statura, abbandonarono le grotte naturali e i ripari sotto la roccia per organizzarsi in capanne.

   

Ossidiana

I primi abitanti di questi villaggi, erano in grado di produrre strumenti e suppellettili di vario genere, in primo luogo una ricca quantità di ceramica ma soprattutto, si dedicavano alla lavorazione dell'ossidiana che in quel periodo andò a costituire una vera e propria industria litica. La vita all'interno di questi villaggi, si svolgeva tranquilla e pacifica, questo, è documentato dall'assenza di opere difensive ma soprattutto dal ritrovamento di statuette femminili in pietra, dalle forme opulente, che ci permettono di capire che questa comunità praticava il culto della dea madre legato alla fertilità.

Il tipo di sepoltura e i riti funebri praticati, non sono molto chiari, poiché, in un primo periodo andò a diffondersi la cultura primaria che si distingueva per la sepoltura nelle grotte mentre, in quella secondaria, iniziarono a diffondersi le sepolture in grotticelle artificiali scavate nella roccia. Stiamo parlando delle prime 'domos de janas' che si presentavano mono o bicellulari con un pozzetto d'accesso verticale. Tali sepolture ci hanno restituito scheletri rannicchiati e coperti con ocra rossa con un ricco corredo funerario che testimonia l'importanza che il culto dei morti aveva assunto per queste comunità.

"Dea Madre Mediterranea"

Ritrovata a Meana Sardo in località 'Polu'

Con il diffondersi della Cultura di Ozieri e di Arzachena, dal IV millennio a.C. si entra nel Neolitico Recente. Con questa cultura, i villaggi iniziarono a sorgere in zone particolarmente favorevoli, asciutte, talvolta pianeggianti ma spesso anche su declivi collinari spingendosi fin sulle altura dell'Isola.
Erano costituiti da capanne di due tipi differenti, elicoidali o sub circolari, costruite su uno zoccolo in pietra con pareti in legno e copertura in frasche;

"Villaggio Is Putzos"

   

all' interno generalmente presentavano due ambienti, uno semicircolare d'ingresso e uno rettangolare all' interno. I reperti, ci permettono di capire che le attività principali di questi uomini rimanevano l'agricoltura e l'allevamento ma ben presto anche l'artigianato tessile, la ricerca di minerali e soprattutto l'attività di scavo delle domus de janas. Per quanto riguarda le sepolture, queste popolazioni, mostrano una notevole varietà di soluzioni.

"Villaggio Is Putzos"

   

 

"Tecnica del bassorilievo: spirali"

Atzara

         
   

Utilizzavano fosse plurime o singole, situate in certi casi sotto il pavimento delle capanne, ossari e tombe collettive ricavate in grotte naturali, sepolture singole o collettive in tombe a circolo, dolmen e domus de janas le quali, fanno pensare a delle vere e proprie città dei morti. Le pareti erano spesso riccamente e finemente decorate, con la tecnica del bassorilievo, da spirali, festoni e altri segni di significato religioso poiché, essi pensavano che la vita continuasse dopo la morte.

Intorno al 1800 a.C. termina un altro significativo periodo che succede al neolitico, il Calcolitico. Questo, fu il periodo di transizione, caratterizzato da grandi sconvolgimenti, legati allo sviluppo dell'industria mineraria e alla lavorazione dei metalli e in particolare del rame.
Il sistema di vita cambia radicalmente: compaiono imponenti sistemi di fortificazione a difesa dei centri abitati resi oramai insicuri, ma, gli elementi di novità emergono soprattutto dallo studio delle usanze religiose e funerarie e dall'organizzazione sociale. La cultura funeraria continuò ad essere quella di seppellire nelle 'domus de janas', dopo però aver praticato il culto della semicombustione dei cadaveri attraverso la scarnificazione, con un significato probabilmente magico.

E' in questo periodo che si diffonde la cultura dei 'Menhir', una nuova forma di credenza, nata sostanzialmente per celebrare gli antenati. Questo culto, infatti, attraverso i simboli magici presenti sulle pietre, tende ad affermare la continuità dell'esistenza di questi mitici personaggi che divennero un punto di riferimento nella vita e non solo per i loro discendenti, ma per l'intera comunità.

Nel periodo di tempo che va dal 1800 a.C. fino alla conquista romana, inizia a diffondersi la cultura Nuragica, una tra le civiltà più note della cultura sarda che ha sempre affascinato per la misteriosa origine, ma soprattutto, per la grandiosità e l'importanza delle sue testimonianze che hanno da sempre suscitato l'attenzione di viaggiatori e studiosi fino ad identificarla con la Sardegna stessa.

Menhir -Biru 'e Concas
Sorgono

   

I nuraghi, suddivisi in due tipologie di costruzione, si presentano monotorre, che corrisponde alla struttura più antica, con un ingresso a forma di trapezio sormontato da una finestrella e orientato a sud-est. All'interno, la torre, può avere uno o al massimo tre ambienti sovrapposti verticalmente con copertura a tholos, comunicanti mediante scale elicoidali ricavate nella muratura. Il nuraghe appariva come una costruzione imponente che in taluni casi poteva arrivare ad un' altezza superiore ai diciotto metri.
I nuraghi complessi, sono generalmente ottenuti aggiungendo ad un nucleo originario preesistente altri corpi lateralmente o tangenzialmente uniti tra loro da cortine murarie. I più spettacolari però, sono quelli ottenuti ad addizione concentrica mediante l'aggiunta di torri a quella centrale. Un esempio di tale architettura è possibile ammirarla nei pressi di Meana Sardo con il Nuraghe di Nolza il quale, presentandosi articolato in ambienti interni, cortili e posti di guardia, risulta essere molto simile ad un castello Medioevale.

   

'Tomba dei Giganti- Calamaera"
Sorgono

Accanto ai nuraghi generalmente, sorgevano i villaggi di capanne e, non lontano dai luoghi dei vivi erano i luoghi delle sepolture che in questo periodo scopriamo essere, le 'tombe dei giganti' che venivano scolpite nella roccia o costruite in pietrame per essere poi coperte da un tumulo, dove si pensa si svolgessero delle riunioni rituali.

               

"Nuraghe Nolza"
Meana Sardo

La storia della Barbagia, possiamo affermare si fermi qui. Con l'andare del tempo, in Sardegna iniziarono ad instaurarsi nuove popolazioni e nuove culture. Arrivarono i fenici, i punici e ben presto iniziarono le guerre,
 

le quali, portarono i veri sardi a rafforzarsi sempre più e a ritirarsi quasi completamente verso l'interno dell'isola, rafforzando le loro torri nuragiche e soprattutto salvaguardando la propria cultura.

"Matrice Nuragica"
Ritrovata a Belvì in località 'Perda Dudda'

Dai ritrovamenti di bronzetti, si capisce che alla base di una comunità così unita, si trovavano dei capi che riuscivano a dare un' organizzazione interna ai villaggi, ben definita. Alla base, infatti, si trovava la famiglia alle cui donne spettava il compito di svolgere i lavori domestici come la preparazione del pane, della filatura, la tessitura ed altri lavori similari mentre, all' uomo, spettavano i lavori esterni dell'agricoltura, dell'allevamento, dell'artigianato ma anche della caccia e della pesca.

 

"Navicella di età nuragica con animali"
Ritrovata a Meana Sardo

Fino all'arrivo dei Romani nel 238 a.C., la Sardegna visse per circa 271 anni sotto il dominio dei cartaginesi e, benché l'area interna dell'Isola rimaneva ancora inesplorata perché i sardi continuavano a difenderla egregiamente, iniziò anch'essa a sentirne l'influenza negativa. Infatti, dopo aver imposto di coltivare in proprio, di far pagare forti tasse allo Stato e far lavorare gli uomini in catene nelle miniere e nei campi per conto dei grandi proprietari, i romani, imposero anche il divieto del libero commercio.

 

Negli anni del II secolo a.C. i Romani penetrarono militarmente nella Barbària (terra di gente di cui non si capisce la lingua), occupandola senza però tuttavia domarla ma facendovi terminare le superstiti usanze dell'antica civiltà nuragica.
Diversamente dall'oppressivo governo, imposto con la forza delle armi e rifiutato soprattutto dai Sardi Barbaricini, la superba civiltà romana fu accolta con evidente favore da tutta l'isola che con il tempo si latinizzò profondamente. Con l'affermarsi della cultura Romana, in Sardegna, fu istituita una nuova classe, dei Cavalieri, per la gestione dei commerci, ma anche con il potere di manipolare ingenti capitali dei quali, ne rimangono tracce materiali nelle monete e nei tesoretti che spesso sono stati rinvenuti anche nelle zone interne della Barbagia.

In questo periodo iniziò a diffondersi anche il Cristianesimo creando un' ulteriore confusione. Infatti, poiché la Chiesa, nominalmente romana ma sostanzialmente di rito bizantino, con il clero dalla folta barba ed il battesimo ad immersione, non contribuiva certo a rendere la situazione più chiara. Sorprendentemente, nel giugno del 594 il silenzio delle fonti storiche sulla Sardegna Barbaricina si squarcia, grazie ad una lettera del Papa Gregorio Magno rivolta ad un certo Ospitone ‘Duca dei Barbaricini' perché convincesse i suoi sudditi ad abbandonare il culto di ‘legni e pietre' e a convertirsi al Cristianesimo. Alla fine della dipendenza dell'Isola dall'impero di Bisanzio, in Sardegna, nell'873 si realizza in quegli anni il fenomeno più importante della nostra storia: la presenza di autorità sovrane, presupponendo la formazione giuridica di più stati locali autonomi ossia, la nascita dei ‘Giudicati'.

 

La storia dei Giudicati, vissuta tra il 900 e il 1420, ha inizio con la suddivisione della Sardegna in quattro Giudicati:

  • Giudicato di Calàri.
  • Giudicato di Torres.
  • Giudicato di Gallura.
  • Giudicato D'Arborea.

Il giudicato d'Arborea, durato per più di 500 anni con più di ventitré generazioni di sovrani, era grande circa 4.832 kmq e si presentava suddiviso amministrativamente in tredici curatorie tra cui la Barbagia di Belvì e del Mandrolisai. Ogni curatoria che comprendeva vari paesi e ville, anche se si presentavano con un' estensione territoriale diversa, possedeva l'unica caratteristica che le accumunava, ossia, il numero di abitanti, per avere così, un'evidente parità politica. A capo della curatoria, stava il curatore, nominato dal Giudice il quale, assegnandogli le funzioni di giustizia e di polizia poteva organizzare l'esazione delle tasse nel territorio mentre, a risolvere i problemi giornalieri per ogni singola villa c'era il 'Majore de Villa' paragonabile all'odierno sindaco.

I barbaricini, che fino a questo momento, avevano resistito ai fenici, ai Cartaginesi, ai Romani (in parte), ai Vandali e agli stessi Bizantini, accettarono positivamente questa nuova suddivisione e soprattutto il Giudice, segno questo, di una possibile organizzazione giurisdizionale anche all'interno del sistema nuragico-barbaricino.